Stamattina Lilith, una delle nostre gatte, è fuggita approfittando di un mio momento di disattenzione: è sgattaiolata, letteralmente, fuori dalla finestra, dandosi alla macchia in pochi minuti.
Non è la prima volta che Lilith scappa di casa; ad ogni buona occasione va a farsi un giro nel bosco o nelle case abbandonate della borgata. Poi, dopo qualche ora, lei si fa recuperare o torna tranquillamente a casa. Noi cerchiamo di evitare queste fughe, non perché non sappia cavarsela, ma la presenza di volpi, tassi e altri potenziali predatori ci mette un po’ d’apprensione.
Insomma, in attesa che Franci finisse di prepararsi per andare all’asilo, sono sceso a cercarla. Lei era dispersa, ma d’un tratto, dalla balaustra di una delle case semiabbandonate, si è affacciato un gattone abbastanza infastidito per la mia insistenza. Mi guardava con la testa piegata, sospettoso e un po’ insolente. Poi si è ritirato in casa sua, probabilmente a fare colazione, prima di uscire di casa (non è un gatto anonimo, lo abbiamo già visto aggirarsi a Vivian, la borgata quaggiù).
Sappiamo che questo micio e altri suoi compari bazzicano il nostro giardino e i viali della borgata durante la notte (vi ricordate del timido, protagonista di una fototrappolata di mesi fa?). Ecco i nostri vicini di casa dell’inverno: faine, gatti selvatici, caprioli. Hanno convissuto col freddo come noi, si sono lavati con l’acqua gelida del torrente e la neve sciolta come noi (loro se la saranno pure bevuta), avranno fatto chilometri sul ghiaccio come noi. Niente di eroico, niente di eccezionale: la normalità di sempre per loro, una nuova normalità per noi.