Con 9000 euro (tasse, parcella notarile e commissione d’agenzia incluse) si può acquistare un’abitazione qui in borgata: è malridotta, ovviamente, ed in certi ambienti è poco più che un rudere, ma il prezzo è ridicolo per un fabbricato di quelle dimensioni. Ad avere i soldi, ci diciamo, sarebbe un investimento interessante. Così vaneggiamo sull’ipotesi di aprire un bed&breakfast o di ricorrere ad AirB&B per promuovere un tipo di turismo più dolce e green; oppure, stimolati dai tanti progetti di recupero dei borghi alpini, pensiamo ad una casa-museo delle tradizioni locali. Tutte cose di cui non sappiamo niente, ma che ci fanno immaginare un futuro diverso per la borgata, magari fondando un’associazione culturale o ricorrendo al crowfunding.
Poi subentra il realismo: c’è il mutuo da pagare, mille spese ci sarebbero da affrontare per sistemare definitivamente la casa, in primis un impianto idrico che non ricorresse all’acqua dei caprioli e dei cinghiali.
Poi subentra l’egoismo: la bellezza della nostra vita a Lou Donn sta anche nella condizione di isolamento, fatta sì di disagi e imprevisti endemici, ma anche di tanta tregua dal mondo. Davvero vorremmo frequentatori di ecomusei e ospiti del b&b ogni giorno tra i piedi? Così iniziamo a sperare che gli annunci immobiliari restino a marcire inascoltati nei rispettivi siti e siamo quasi presi dal panico di vedere orde di turisti decontestualizzati, con ombrellone e sdraio al seguito, chiederci informazioni su come raggiungere la miniera nel frattempo trasformata in un parco a tema, 12 euro l’ingresso per gli adulti, 6 i ridotti. Venghino siori, venghino.

Esci a posizionare la fototrappola e godi del silenzio, solo parzialmente infranto dalle auto che scorrono nella provinciale a fondovalle, tanto che neppure il buio del bosco ti sembra più spaventoso, ma quasi ti appare come una muraglia, gialla e marrone, oltre la quale ci sono i Mongoli o i Tartari, chissà, da difendere a tutti i costi.