Con il primo sorso di vin brulé, per quanto mi riguarda, è arrivato l’inverno.
I colori dicono però che è autunno, mentre la siccità parla una lingua agostana. La primavera posso solo immaginarla dietro le corse del capriolo che, puntuale, poco prima dell’imbrunire, scende a bere al torrente, frusciando tra le foglie e infischiandosene delle lamentele di Bergère, che, nella sua lingua cagnesca, la minaccia di corrergli dietro e fargli pagare quell’oltraggio. Ma la sete è più forte della paura e il capriolo è giustificato per la sua baldanza. Così la primavera è tutta apparente e le corse del capriolo non sono altro che passi lenti, appesantiti dalle cataste di foglie secche.
Ieri ho scattato qualche foto a quella che, per noi, inequivocabilmente, è la miniera della Gran Roccia, poco sopra borgata Don. D’altronde, non posso escludere che in realtà sia solo una delle tante borgate abbandonate.
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